sabato 22 dicembre 2012

Il nuovo calendario: lo Scrittevole!

Di lavori in corso ce ne sono veramente tanti, la Sfida di Natale su WIP non ha riscosso molto successo, ma noi siamo temerari e andiamo avanti.
Mi sono fatta sentire poco sul web, perché ho avuto una full immersion nello studio che si è piacevolmente conclusa nella giornata di ieri.
A proposito! È finito il mondo... Oppure è finito il 2012? Che si fa? Contiamo di essere già nel 2013?
E se ci inventassimo una nuova datazione? Un po' come il calendario del periodo della Rivoluzione Francese!
Sì, è deciso, oggi sarà il primo giorno di un nuovo calendario: lo Scrittevole.

I mesi saranno composti da 26 giorni, rappresentati ognuno da una lettera dell'alfabeto. L'anno sarà composto da 14 mesi e l'ultimo giorno d'avanzo (26x14=364) sarà il giorno Leggione e verrà nominato AZ, dedicato alla lettura e ai commenti delle lettura effettuate.
Ma non dimentichiamoci dell'anno bisestile: ogni quattro anni avremo il giorno AZB, per pareggiare i conti.

I nomi dei mesi devo ancora deciderli, e i consigli sono sempre bene accetti!
Ovviamente cambieranno anche le festività, e gli scrittori sono i nuovi preti/vescovi/santi... Dobbiamo eleggere un Papa! Di cose da fare ce ne sono parecchie.
Quindi, oberata di impegni, vi auguro un buon A [nome del mese ancora non deciso] dell'anno 1 d.f (dopo finimondo)!

martedì 4 dicembre 2012

Lavori in corso!

Ebbene, ho finalmente pubblicato il primo racconto su WORKER IN PROGRESS e mi sembrava una buona idea farmi viva anche da queste parti.
Dal momento che il racconto è già pubblicato su WIP, qui vi propongo il banner creato con una citazione dallo stesso, tramite il quale potrete leggerlo per intero.



Un'altra bella notizia è che dall'1 al 25 dicembre inclusi è aperto il progetto di Natale, dove chiunque potrà sfidarci con i prompt più disparati!
Per una migliore presentazione ecco la pagina apposita: SFIDACI!

domenica 25 novembre 2012

Specchiati oltre

Andando a riguardare i titoli dei post pubblicati, ho notato di essermi dimenticata un racconto per strada. Un racconto scritto per il progetto Land!Terra che ho letto alla serata del Poesia Festival a Piumazzo: "Specchiati oltre".
Ne avevo dato un assaggio proprio QUI e ora mi sembra giusto presentarvelo per intero.


Specchiati oltre

Parlare con i tassisti mi mette soggezione, per questo se mi rivolgono parola io fingo di non aver sentito. Rimango per tutto il viaggio con il gomito appoggiato al pianale del finestrino e il mento contro le nocche, e guardo fuori.
La radio fischia a ogni sobbalzo, ma riesco comunque a sentire le note di Iris. Il tassista cambia stazione o forse abbassa solo il volume.

sabato 17 novembre 2012

Worker in progress

La mia vena creativa sembra essere intasata *infarto mode on*, così ho dovuto trovare un modo di sbloccare le le idee e scrocchiarmi le dita.
Mi sono unita a Giulia D'Elia ed Elio Brunetti per una sfida letteraria: noi scriviamo e voi leggete, e tra qualche racconto ve ne combineremo delle belle!
Ma più che svelarvi i progetti futuri, preferisco dirvi a cosa stiamo attualmente andando incontro: senza nemmeno usare il famoso metodo della morra cinese, Giulia ha dato il via con il suo racconto "Prima conoscenza della notte" sfruttando il sito di Story Spinner per avere un inizio, un'ambientazione e quattro parole da includere nel racconto.
A seguire si avrà un racconto di Elio, che oltre a sfruttare gli obblighi di Story Spinner - generati automaticamente diversi dal sito stesso - dovrà prelevare dal racconto precedente un elemento qualunque da inserire a sua volta. E così anche per me, a formare una lunga catena ciclica di racconti.
Noi siamo superpronti e all'opera, voi?
Ricordatevi che commentare è un'azione buona e giusta: serve a tutti per migliorare ;)


venerdì 9 novembre 2012

Un racconto fantasma

Ci sono racconti che ci ricordiamo di aver scritto, ma che non troviamo più. Li abbiamo dispersi in chissà quale angolo del computer o della camera, e più li cerchiamo e più rischiamo di credere di averli voluti scrivere e di non averlo mai fatto. Altri racconti sono stati dimenticati e, ritrovandoli, ci pare non siano nostri. Solo rileggendoli riusciamo a ricordarne la creazione.

In entrambi i casi si tratta di racconti fantasma: esistono? Ci crediamo? 
Ebbene, e se uno di questi racconti parlasse addirittura di fantasmi? 

Il treno fantasma


Il treno cigolava sui binari, qualche scintilla di troppo fischiava sulle rotaie.
Il Vecchio se ne stava alla guida con la schiena ricurva mentre la dentiera scollata si muoveva dondolando come il carro merci: ciondolante rimaneva attaccato a tutto il resto anche se arrugginito, mentre il Vecchio aumentava la velocità per passare le fermate inutili.
Sapeva esattamente, come ogni notte, dove andare a prenderli.
C’era chi tornava, chi partiva e chi non era mai arrivato.
Il buio di quella notte era abitato rispetto a molti altri passati, perché alle fermate erano presenti molti più vivi di quel che avrebbe mai pensato.
Fermato il treno con il classico stridio, vide i morti superare la linea gialla passando poi attraverso le porte senza aprirle.
Era stata gente educata un tempo, mica come quei bulletti in fondo al binario che si lanciavano urlando passando dai finestrini.
E attendendo che tutti salissero un brusio di malcontento gli giungeva alle orecchie: che nessuno di loro dovesse prendere il treno era chiaro, e nel sentire quel rumore così vicino e chiaro il Vecchio quasi si commosse.
A svegliarlo fu la voce ovattata di uno dei passeggeri.
Si ritrasse dal finestrino, perché alle fermate si sporgeva sempre ad annusare l’aria, lo guardò con le cataratte negli occhi, ma non era per quello che lo vedeva sfocato. Perché nel tempo aveva capito quanto fossero chiare le sagome dei fantasmi: con loro non avrebbe mai avuto problemi di vista.
Si tolse gli occhiali e si sfregò le palpebre facendo cadere un paio di ciglia, davanti a lui un individuo dagli abiti logori e dalla barba folta. In mano un avanzo di panino, e in bocca il morso strappato che continuava ad essere masticato.

-Tabacco, sembra che tu stia mangiando tabacco-

Sì perché non poteva certo mandarlo giù.
E il fantasma gli sorrise indicando l’orologio.
Rotto.
Fermo ad indicare tutto e niente: la lancetta vibrava impazzita da un orario all’altro a seconda di chi metteva piede sul treno.
L’ora della loro morte era il biglietto d’entrata.

-Va a sederti, non puoi stare qui. Qui ci sto io, io guido il treno,-

E il fantasma ascoltò il vecchio, ma mentre lui stava uscendo una ragazzina entrò con i capelli zuppi d’acqua gocciolante.
Le labbra cianotiche e le occhiaie le davano l’aspetto di una bambolina di porcellana.

-Ciao Vecchio!- così lo chiamavano, così lui era.

-Non sta bene dare del vecchio. Va a sederti, qui ci sto io. Io guido il treno.-

Era una nenia la sua, dopo anni di abitudine.

-Vecchio, ma tu non muori mai?-

-Che domanda è?!- si girò con in mano la chiave inglese più grande e rossa che la bambina avesse mai visto.

-Certo che morirò! Sono un uomo io!- sventolava alterato quell’oggetto facendole paura.

-E se mi colpisci?- gli disse indicando con l’indice l’arnese, ma subito nascondendo il dito.

-Se ti colpisco…se ti colpisco, dice! Virginia, sei morta bambina mia,- avvitò un bullone che aveva avvitato tutte le notti da quando una sola volta si era svitato -Morta.- concluse a bassa voce afferrando i comandi.
Virginia si pulì l’orlo del vestito, si allacciò il fiocco in testa che subito si abbassò floscio e tornò alla sua cabina.

-Tutti morti qui,- disse a nessuno in particolare guardando fuori dal finestrino.

Poi partì.
Il treno cigolava ciondolando sui binari, le chiacchiere dei fantasmi gli arrivavano all’orecchio perché si sa l’aria le trasporta.
E un treno in viaggio di aria ne ha sempre tanta.

domenica 4 novembre 2012

[Writers Magazine] 365 racconti che non ho scritto, parte seconda

Mi ero dimenticata che per la sezione Horror partecipai con due racconti. 
Questo è il secondo. 
O il primo... Non lo ricordo! Ma non credo cambi effettivamente qualcosa l'ordine in cui sono stati rifiutati.


TRATTEGGI SUL VOLTO 


Aveva un’ottima visuale.

C’era un uomo seduto sulla sedia, le mani ne stringevano i braccioli.
La figura che si muoveva alle sue spalle gli aveva appena rigato la guancia con un sottile segno rosso. Uno più grande blu gli cerchiava l’occhio destro.
Lo vide muoversi con uno scatto, tanto leggero da non smuoverlo più di tanto da quella posizione.
La figura si muoveva nell’ombra, tranquilla: non era turbata da nessuna delle sue scosse. Anzi sembrava placarle, accarezzandogli la leggera peluria sulla nuca.
Quali pensieri attraversavano la sua mente?
Il rigo rosso sulla guancia dell’uomo colò. Una lunga goccia lenta percorse la mandibola: seguendola con lo sguardo iniziò a provare caldo.
Colava, seguendo le linee del collo. Quando non riuscì più a vederla, tornò a guardargli il volto.
Gli sorrideva. Un sorriso tirato dai ferri.
Un uncino tirava l’angolo destro delle labbra mostrando i denti bianchi. La figura segnò il canino con un punto nero: lo calcò, rimanendo ricurva fino a che non fu soddisfatta.
Era così reale che sentì il pennarello chiudersi in un tlac, come fosse vicino al suo orecchio.
Ecco, l’orecchio. Aveva tanti piccoli aghi lungo il lobo; spuntavano con il loro luccichio.
Ma ancora una volta fu attratto dal segno rosso: uno più spesso venne tracciato sulla fronte. Da tempia a tempia.
Era buffo, era ridicolo così conciato. Un capo indiano del ventunesimo secolo.
Sobbalzò, di nuovo, ma questa volta la mano gli era scivolata giù dal bracciolo.
La figura lo ricompose, dritto ordinato.
Ripasso anche la linea sciupata e poi ci fu uno smuovere metallico.
Una pinza.
La figura teneva stretta una spessa pinza grigia.
Oh poveraccio, pensò ridacchiando, mi sa che non ne uscirai felice.
E il dente gli venne strappato, Cavolo che male. Maledetti dottori.
Il sangue si mescolò alla saliva, uscendo dalla bocca denso e corposo.
Pareva nero.
Un altro scatto prima del ronzio metallico. La figura gli sorrise da sotto la mascherina e poi tagliò la fronte.
Il sangue gli colò copioso sugli occhi.

sabato 3 novembre 2012

[OFFicina delle Arti] Creatività Mode ON

VIA BRIGATA REGGIO, 29, Reggio nell'Emilia - 42124

[Writers Magazine] 365 racconti che non ho scritto

Ho partecipato a questo mini concorso da 2000 battute massimo in due occasioni: la prima l'anno scorso, con il tema HORROR, la seconda quest'anno con il tema AMORE.
In entrambi i casi non ho avuto successo e non farò parte della raccolta "365 racconti [inserire il tema scelto]", e sul sito della Delos Books sono presenti solo gli incipit alle brevi storie proposte.
Così ho pensato di rendervi partecipi ai tentativi effettuati! Sì, proprio oggi. Oggi che Hallowe'en è passato e non ricade nessuna festa. Se qualcuno compie gli anni e sta per leggermi, tanti auguri!
Buona lettura a tutti voi altri ;)

GRAFFIO [sezione Horror]

C’era un forte fetore ad accompagnare i suoi passi.

E lei se lo sentiva sempre più vicino.
Un paio di volte girò la testa più che poté, per scorgerne la figura. Ma non era abbastanza e i lampioni non illuminavano se non isole di strada.

Lui che le stava dietro, si appoggiava con le dita alle pareti che stringevano i vicoli in cui si incuneava.
Sentiva i suoi tacchi sfregare la terra ogni volta che aumentava il passo, sentiva il suo respiro appesantirsi e liberarsi ogni volta che apriva bocca per prendere più aria.
Continuò a camminare, aggirando una pattumiera rovesciata. Un sacchetto di cibo mangiucchiato si era rovesciato in strada, lei l’aveva calpestato.
Sotto la scarpa sentiva il cibo appiccicarsi all’asfalto. Sentiva anche i tacchi temperarsi passo dopo passo.

Aprì in fretta la borsa e si mise a cercare le chiavi, il fetore che le stava alle spalle le sembrava più vicino.
Cercò ancora, rovistò e si sollevò una pellicina vicino all’unghia.
Si lasciò sfuggire un “Ahi”, forse per abitudine.
Non aveva ancora trovato le chiavi, continuò a rovistare, e i passi di lui si fecero più vicini.
Era lì, ancora lì.
Poi però lo sentì fermarsi. Il suo cuore ebbe un sobbalzo, come se fosse stato lanciato per aria.
Si girò con ancora una mano incastrata nei grovigli della borsa. Rimase immobile, a guardarsi intorno. Il fiato che si muoveva davanti a lei, in un aggregarsi di nuvolette.
Non c’era più.
Si stropicciò stancamente il volto, chiuse la borsa e la strinse a sé, ritornando sui suoi passi.
Lasciò perdere i vicoli e si diresse verso il marciapiede di una strada ben più frequentata.
Lo percorse per due metri, stando accanto agli ingressi delle case: i lampioni illuminavano anche la leggera nebbia che si stava addensando sulla sua testa.
Poi, distratta dai suoi pensieri, inforcò un piccolo taglio nel terreno. Sentì la caviglia piegarsi e si appoggiò in malo modo alla parete. Si era smagliata le calze.
E un graffio rosso sulla pelle era decisamente più invitante di una pellicina strappata.



FOTO [sezione Amore]

Laura teneva la macchina fotografica con una mano, mentre con l'altra tratteneva i capelli attaccati al collo.

Le piccole dita si stiravano alla ricerca del pulsante, ma la pressione esercitata permetteva al flash di uscire a illuminare i tratti di Nicola senza però scattare la foto.
Allora?, continuava a chiedere. Stringendosi sempre più nel cappotto e infossando il mento nella sciarpa.
C’era un bel sole quel giorno, se Laura fosse riuscita a scattare la foto nessuno avrebbe potuto sapere del freddo pungente.

Sbuffava infastidita, appena mollò la presa i capelli le volarono davanti al viso.
Maledetta chioma!, inveì, e Nicola rise avvicinandosi.
Con tutti questi capelli dovresti farti una treccia, portò le mani fredde vicino al collo di lei per fermarglieli in una coda. Sembra quasi che tu non abbia mai scattato una foto. Con le mani le lisciò i capelli, attorcigliandoseli poi sulle dita.
Laura mosse lo zoom, avanti e indietro, il parapetto del ponte si avvicinava e allontanava sullo schermo illuminato da una luce bianca dai riflessi gialli.
È questo il tasto per lo scatto. Nicola lo premette e un pezzo del ponte venne immortalato: non era chiaro se lo sfondo fosse il cielo o una grande tenda bianca.
Allora forse è meglio se la foto la fai tu. Laura gli lasciò la macchina fotografica e andò a sistemarsi vicino al lampione.
Dì chease!, e poi click. Perfetta, direi!
Grazie.
Laura guardò lo scatto: se avesse immortalato Nicola nessuno avrebbe potuto sapere di tutto l’amore che provava per lui.


domenica 21 ottobre 2012

[Dialoghi] La strada

E oggi terminiamo questa breve raccolta. Ora sì che mi tocca inventare qualcosa di completamente nuovo!
I prossimi appuntamenti sono il concorso "Ma adesso io" con il racconto "Queste siamo noi" e i risultati del concorso "Subway MetroBs" al quale ho partecipato con il racconto "Collins".
Incrociamo le dita e speriamo anche per il racconto illustrato "Blu acido" - creato in collaborazione con Monica Rot -, scartato dai giudici del concorso Lucca Project contest 2012.

La strada.


- Si immagini una strada.

- Sì.

- Ecco bene, com’è?

domenica 30 settembre 2012

[Dialoghi] Il gatto


Le domeniche non diventano buone per niente, quindi perché non pubblicare un racconto?
Mi raccomando, fatevi sentire ;)

IL GATTO

- … Che cosa vede?

- Vedo… Un gatto.

- Un gatto. Lo descriva, lo posizioni.

- È molto grande, sta appallottolato. Lo vedo di spalle. È in un prato verde, di fiori.

- Fiori? Sa anche quali?

- Margherite, sono piccole e le vedo sfocate. Percepisco tutto sfocato, il prato i fiori: i fili d’erba li sento staccati tra loro a livello corporeo.

- Emanano calore?

- Non saprei. Non sento freddo o caldo. Il gatto è molto grande, ha la testa nascosta dalle spalle, un sedere minuscolo che termina con una coda lunga e sottile.

- Che fa il gatto?

-Dovrei avvicinarmi, girargli intorno per scoprirlo…

- Non vuole?

- Faccio un paio di passi, faccio uno struscio continuo, ma lui non si scompone.

- È calmo… Prosegua.

- Mi sposto un po’ sulla sinistra e gli vedo un orecchio, piccolo e a punta.

- Si è dimenticato di dirmi com’è il gatto, oltre che grosso.

- Bè è grigio, con striature di grigio più scuro, però credo che quel grigio sia solo sporcizia, dove sarà stato?

- Non lo sa?

Diniego.

- Vada avanti… Diceva che si era spostato…

- Sì, sulla sinistra. Gli vedo anche una parte di testa, la muove su è giù. Sento che si sta leccando una zampa.

- Sa il perché?

- No, ma ora che mi chino un poco, senza procedere, credo che ci sia qualcosa lì…

- Lì dove?

- Tra le sue zampe. Non credo di volerlo vedere.

- Perché? Crede possa spaventarla?

- Sono già spaventato, voglio uscire…

- Uscire da dove?

- Da qui… La prego mi faccia aprire gli occhi.

- Ma lei è libero di aprire gli occhi senza che io glie lo dica.

- No, non è così… Se fosse così semplice l’avrei fatto…

- Mi ascolti e non si agiti. Ha chiuso gli occhi per entrare in una sua visione, può uscirne senza permessi… Deve credere alle sue sensazioni, non combatta così il suo corpo.

- La prego lo dica, mi dica di aprire gli occhi…

- Mi sa dire che sta succedendo?

- Tutto si dissolve, diventa nero, il gatto è lì che non si gira… Lo spazio della visione si ritira in un puntino lontano. Vedo nero, tutto nero. Potrei perdermi.

- Vede nel buio l’infinito?

- No, ha ragione… È chiuso… Il buio è chiuso, soffoco! Dove sono? In una scatola? Sono in una scatola?

- No, lei è su un divano, il mio. Ha gli occhi chiusi e può aprirli.

Affannamento ad occhi aperti, - Il gatto si è girato, solo che ormai era tutto così minuscolo.

- Cosa era minuscolo?

- Il buio stava riducendo a un puntino il prato, il gatto. Io ero nel buio e la fessura del colorato dava sull’orecchio del gatto. Lui si è girato e gli ho visto l’occhio.

- Com’era?

- Piccolo. Nero. Accerchiato da un filo dorato.

venerdì 28 settembre 2012

[POESIA FESTIVAL] Io ci vado

Visto che mi sento in fermento lo dirò con un cenno di snobberia.
Domani sera sono ospite del Poesia Festival a Piumazzo, in provincia di Modena. Mi esibirò per un paio di minuti - forse quattro, perché non vorrei strozzarmi nel leggere - e poi cenerò con gli altri artisti della serata.
L'evento è pubblicizzato sul sito di ANTWORK PROJECT e sulla rispettiva pagina FACEBOOK, ma ci tenevo a mostrarlo anche sul mio blog.
Giusto per dire IO CI VADO - e in seguito -, IO C'ERO.

Leggerò un racconto veramente breve intitolato Specchiati oltre scritto appositamente per l'evento.
Il titolo è nato qualche tempo dopo la stesura del testo, perché in realtà non avevo idea di cosa mettere: un titolo deve invogliare, ma soprattutto identificare il contenuto. Così ho fatto un paio di tentativi e quando è saltato fuori ne sono stata entusiasta: la duplicità della parola "specchiati" rende a meraviglia.

Da un lato abbiato , nel senso di qualcosa di riflesso, e dall'altro , nel senso di riflettersi.
Infatti, il racconto, si muove su una doppia linea: il riflettersi dei nostri orizzonti - specchiàti e il nostro rifletterci in essi, nella nostra vita e nella terra - spécchiati.

E ora un piccolo assaggio.

Dal canto suo deve essersi instaurato un certo rapporto, ma dal mio mi limito a pensare che è tutta la vita che corro dietro agli orizzonti. Ma poi ho capito che non sono altro che gli specchi di quello che ci siamo lasciati alle spalle. È come stare tra due pareti riflettenti: noi crediamo di muoverci in avanti, di correre, di perdere tutto quel tempo, e invece siamo ancora qui, ancorati al passato.

Lo stesso paragrafo lo trovate riprodotto su una delle immagini create come sfondo desktop.

sabato 22 settembre 2012

[Dialoghi] Il bicchiere

Buon sabato pomeriggio a tutti!
Ogni tanto anche io mi faccio viva... Posso assicurarvi che mi spiace di non essere più così presente, ma esattamente non so che mi frulla in testa.
Ho un sacco di progetti che vorrei realizzare e l'inizio del nuovo anno accademico si avvicina. Il tempo scarseggerà e se sono così ora che di tempo ne ho anche abbastanza, figuriamoci da ottobre!
Sono un disastro... bof.
Intanto, come similpremiodiconsolazione, vi lascio alla lettura di un altro dei dialoghi.


IL BICCHIERE.

- Mi sento spossata dai sogni che faccio, rimarrei nel letto per ore.

- Si sveglia?

- Di tanto in tanto capita, si interrompono anche sul più bello.

- Forse è per questo che vuole continuare a dormire…

- No no, mi sento stanca, come se non avessi dormito abbastanza. Sognare richiede energia…

lunedì 3 settembre 2012

[Dialoghi] I Libri

Non è una raccolta che possa tenere testa alle altre, non per quantità almeno. Forse nemmeno per contenuto, ma scriverla è stato bello: sperimentare unicamente i dialoghi e poco più per rendere una scena mi ha obbligata a costruire una psicologia più solida nel personaggio. 
Che tra l'altro sono a farsi psicanalizzare, anche se dubito funzioni realmente così dallo psicologo...



I LIBRI

- Rispetto all’altra volta, nota miglioramenti?

- Migliorare è un obiettivo che ho difficoltà a notare in così poco tempo, ma qui si procede sempre.

- Procedere può voler dire anche peggiorare…

- A volte capita, ma forse può aiutare. Che ne dice di un gioco associativo? Così, per rilassarsi.


- Che le viene in mente?

- Coniglio.

- Bene ora… Coniglio…

- Orologio.

- Già qui la fermo, mi scusi… Perché orologio?-

- Alice nel Paese delle Meraviglie, il coniglio ha l’orologio.

- Mmm… È un coniglio intelligente da quel che mi risulta.

- So solo che è in ritardo e che è bianco.

- Mm. Certo… Carota, coniglio, orologio. Vediamo, la prima associazione è comune, mentre la seconda tende verso l’inverosimile. Raggiunge una conoscenza, mi segue?

- Credo di sì…

- Bene. Riproviamo. Orologio.

- Ticchettio… Coccodrillo.

- Peter Pan?

- Sì, lui.

- Legge molto in questo periodo?

- Ho sempre letto molto… Mi piacciono i libri.

- Trova necessario rifarsi a loro nelle associazioni?

- Mi viene naturale in realtà…

- La rassicura trovare un appiglio? Dico riuscire ad associare.

- Non so. Associo senza pensare.

- Ed è così che deve essere, ma… Mi chiedevo se, associando ai libri le parole o le immagini che le vengono proposte, ha qualche sensazione positiva.

Alzata di spalle, mani intrecciate lievemente, corpo in punta di sedia, avambracci appoggiati alle cosce.

- Si sente a disagio?

- Un po’.

- Come mai? Parliamo dei libri che le piacciono, no?

- Sì certo, solo mi sento agitato.

- Agitato, e da cosa?

- Non stiamo dialogando.

- Qui lei viene per sentirsi aiutato, devo farle domande per trovare le risposte.

- Mi aiuterebbe dialogare con lei, così mi sento assalire.

- Mmm… Di che potrebbe dialogare con me?

- Credo di qualunque cosa…

- Perfetto, allora… Parliamo dell’ultimo libro che ha letto.

- Coraline, di Neil Gaiman. Sa chi è?

- No, mi spiace… Sono un amante degli autori russi.

- Lo ritengo un ottimo scrittore, ma non credo faccia per lei.

- Perché le ho detto che mi piacciono gli autori russi?

- Bé sì, in Gaiman c’è fantasia, realtà, orrore e bellezza. Credo sia dovuta a questo la collaborazione Gaiman-Burton.

- Burton, regista particolare non c’è dubbio.

- Sì, affascinante. Ha visto qualche suo film?

- In realtà non saprei dirglielo con certezza… Non guardo mai chi sta alla regia

- Ma ha detto che lo ritiene particolare…

- Per sentito dire in realtà. - silenzio nella stanza - Di nuovo a disagio.

Sorriso tirato.

- Ma questa volta preferisce infossarsi nella poltrona… Cosa la trattiene?

- Come prego?

- Sì, prima avrebbe voluto alzarsi e andarsene… Ma ora si infossa nella sedia. Entrambe le volte era a disagio, ma per motivi diversi.

- Perché ci tiene così tanto ad analizzare queste sfumature?

- Perché le sfumature rendono differenti gli oggetti simili, ma ora che si è ricomposto… Mi parli di Coraline.

- È una bambina che si è trasferita con la famiglia in una casa circondata dal grigiore. Annoiata trova una porta speciale in casa sua e finisce dall’Altra parte.

- Dalla sua enfasi capisco che l’Altra parte è un mondo speciale.

- Già, è un mondo che appare divertente, allegro, pieno di colori e buon cibo.

- E lei? Ha mai traslocato?

- Avevo due anni, ci siamo trasferiti dove abitiamo ora. Ma è inutile dirle che non mi ricordo nulla.

- Sì era troppo piccolo in effetti… Le piace dove abita?

- Mi piace chiamarla casa, ma in sé andrei volentieri in un altro posto.

- Come mai..?

- Ha tutto l’aria del povero.

- La casa?

- La casa e noi…

- La sua famiglia.

- Sì. - strofinamento d’occhi.

- Si spieghi…

- I mobili in cucina sono fatti di truciolato, uno sportello si è rotto in alto e ora si chiude lasciando uno spiraglio. La casa è stracolma di cose, è piena come un uovo. Mia madre quando mia sorella va al mercato e torna con qualcosa le dice che non è necessario lavarlo…

- La disgusta?

- Mi dà l’idea di sporco… Anche casa mia, per quanto invece sia pulita.

- Associa povertà e sporcizia.

- Sì, non si dimentichi il sovraffollamento.

- Giusto.


- Lo ha mai espresso questo suo pensiero di voler cambiare casa?

- No, abbiamo avuto il mutuo finora. Non è gioco andarsene adesso.

- Non esprime e non chiede perché si immagina dei no?

- Non lo trovo sensato…

- Fa spesso di questi ragionamenti? Risparmia sulle domande da fare? - scherzosamente.

- Sì, capita.

- Escludendo la faccenda di casa sua, non crede di darsi troppi paletti entro cui stare?

- Credo non sia necessaria una domanda se già se ne conosce la risposta.

- Io con lei l’ho fatto, ma non per la risposta in sé. Per il tono, l’espressione, per capirla.

Alzata di mento.

- A volte è un bene liberarci di alcune domande, potrebbe pure rimanere sorpreso. Inoltre fare domande e ricevere risposte può portare al dialogo. - chiude il quaderno - È bello sentirsi dire a voce anche cose che si sanno già, ma capisco che lei ha paura dei famosi “non si può”. I suoi libri me lo sottolineano. - sguardo incrociato - Non abbia paura di non potercela fare.