lunedì 21 maggio 2012

Titolo banale con intervista

Questo post ha (avrebbe) un titolo banale, del tipo "Me, Myself & I", ma non potevo scriverlo nello spazio apposito, altrimenti non sareste arrivati a leggere nemmeno questa riga. Dico bene?
Comunque sia, questo post - banale, banalissimo - vuole dare supporto al blog, ma soprattutto al mio ingresso a luci spente.
Lo ricordate? Personalmente vi immagino sussurrare un *coff, no*, ma se non lo fate non provocate nessuna delusione, eh...
Bene, ho girato intorno all'obiettivo abbastanza: lo scopo è diventare effettivamente parte di questo spazio personale. E mi pare anche sensato - a questo punto del discorso mi pare sensato un po' tutto, non so perché - sfruttare davvero le tre visioni: Me - l'io studente -, Myself - l'io creativo -  & I - l'io che avanza di cui è difficile tracciare uno schema.

Sono una studentessa dall'età di cinque anni e mezzo, perché sono nata a dicembre e questo implica essere piccina. È una bella carriera e personalmente non me ne libererei mai: si imparano sempre cose nuove, si conoscono persone e si è sicuramente meno stressati.
In pratica essere uno studente mi rende felice.
Mi rendo anche conto che è uno stadio duraturo, ma fondamentalmente temporaneo, quindi devo godermelo finché posso e dovreste farlo anche voi. Voi che studiate, voi che siete interessati: non pretendo certo che sia il presente ideale per tutti.

L'Io creativo sembra espandersi giorno dopo giorno, anche perché mi frullano in testa molte cose di vario genere e in un qualche modo devo poterle sfogare.
Scrivo, dipingo, fotografo... O almeno ci provo. Però parlare così a casaccio non credo renda bene l'idea, e nemmeno aiuta questa presentazione. Così, per il puro gusto di non farsi domande da soli, sfrutterò le domande di Morgan Palmas reperite sul sito Sul Romanzo.
A quale età ti sei avvicinata alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.

Ho iniziato all'età di undici, dodici, anni, e solo perché amavo i libri.
Mia madre mi aveva avvicinato molto alla lettura, mi portava spesso alla biblioteca del paese: un luogo sicuramente non dispersivo e più che mai identico a un appartamento.
Cercavo accuratamente per ore il libro - o i libri - da leggere e da portare a casa, a volte perdendomi nella lettura proprio lì sul momento.
A furia di leggere ho iniziato ad avere l'esigenza di scrivere: forse perché ero sovraccarica di storie, personaggi e luoghi. Ricordo che uno dei miei primi tentativi di scrittura fu durante un tema in classe: il titolo a disposizione mi fuorviò completamente, perché mi venne in mente un'idea e non potei che assecondarla. Andai ovviamente fuori tema e il voto non fu un granché, ma la professoressa disse che era scritto bene. Ne rimasi ovviamente soddisfatta.
Quindi sì, in un certo sento può considerarsi un caso fortuito.

Se consideriamo come estremi l’istinto creativo e la razionalità consapevole, collocheresti il tuo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?

L'istinto creativo produce l'idea e, se si presenta in una forma abbastanza concreta, anche la prima stesura. Una stesura che può essere frammentaria come anche completa.
La razionalità consapevole, invece, viene dopo... A volte ha anche bisogno di molto tempo per arrivare: mi è capitato più di una volta di ritenere perfetto un racconto, per poi visualizzarne le pecche, gli errori solo successivamente.
Diciamo che sono due parti della stessa medaglia, volendo usare un cliché, solo che si presenta come se fosse truccata: la parte dell'istinto prevale fino a che non si esaurisce il suo effetto, e a quel punto interviene la parte più razionale dello scrittore.


Moravia, cascasse il mondo, era solito scrivere tutte le mattine, come descriverebbe invece il suo stile? Ha un metodo rigido da rispettare o attende nel caos della vita un’ispirazione? Ce ne parli.

Anche qui c'è in ballo una dualità, ma è più una moneta tirata a sorte.
Se si parte con il fulmine a ciel sereno, all'inizio non è nemmeno necessario programmare la scrittura giornaliera: si ha così tanto da dare che sarà naturale l'appuntamento costante. 
La parte difficile è continuare, perché l'istinto viene assorbito dal tempo e dopo resta solo l'idea da realizzare, da pianificare. Le cose si fanno più difficili e il fulmini diventa il sogno nel cassetto: ha bisogno di molto più supporto, molta più costanza, ma non è propriamente detto che si riesca a fornire tutto questo.
Quindi, tirando le somme, attendo l'ispirazione tanto quanto gestisco i lavori avviati che si ha voglia di terminare, di vedere completi. E invidio immensamente Moravia che scriveva tutte le mattine, cascasse il mondo, perché lo fa sembrare enormemente semplice...
Di che cosa non può fare a meno mentre si accinge alla scrittura? Ha qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?

Devo legarmi i capelli, che sono fonte di distrazione. La scorsa estate li ho tagliati, ma non è stato per niente
utile: ho dovuto comprare elastici minuscoli per farmi un codino altrettanto piccolo, oppure sfruttare fasce per capelli per dare l'idea di averli annodati.
Con il tempo, invece, si è fatto più raro l'utilizzo di sottofondi musicali: fino a qualche anno fa mi servivano per rendere la scrittura più fluida, mentre ora rischiano di farmi vivere l'emozione del fulmine senza che riesca a scriverla. Dalla felicità accendo iTunes e ballo per la stanza, finendo per dimenticarmi che cosa avrei dovuto mettere per iscritto.

Concludendo, scrivere le ha migliorato o peggiorato il percorso di vita? In altre parole, crede che la letteratura le abbia fornito strumenti migliori per portare in atto i suoi desideri?

Per un periodo, scrivere era l'unica cosa che immaginavo di poter svolgere nella vita. Era un desiderio molto forte, che ritenevo fosse un destino da dover compiere, in quanto unico che potessi realmente realizzare.
Ritengo si trattasse di un risultato dovuto a insuccessi in altri campi, ma ora ho raggiunto molte altre soddisfazioni, quindi è anche più facile immaginarsi a fare tutt'altro.
Questo però non mi impedisce di credere che la scrittura ha migliorato il mio percorso di vita. Certo, mi ha precluso molte altre opportunità, ma solo perché è un hobby veramente molto intento e presente. Scrivo senza dubbio molto meno di prima, ma mi piace credere che si tratti di creazioni di maggior qualità.
E nonostante si sia presa molto del mio tempo, sacrificando quello a disposizione di altre cose, la letteratura mi ha aiutata a esaudire i miei desideri perché era un desiderio lei stessa.
Perché quando non scrivo, quando passa veramente molto tempo dall'ultimo racconto terminato, penso che se questo percorso deve proprio concludersi non smetterà di essere il miglior percorso che abbia esplorato con così tanta felicità.


Bene, l'intervista termina qui.
Anche se sento di averne in serbo un'altra per la prossima volta... 







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