lunedì 25 giugno 2012

[Stralci da una cruna d'ago] L'uomo del cuore


Mentre la raccolta "Frammenti da un Luna-Park" sta giungendo al termine, questa ha ancora qualche cartuccia davanti a sé, quindi usiamole!
Buona lettura! I commenti sono sempre ben accetti

L’uomo Del Cuore.


Si camminava al parco, l’uomo del cuore e io, una foglia era stata trascinata e ora si vedeva un’ombra improntata in quel filo di neve caduto.
Non c’era molto chiasso, perché in effetti era silenzio, come se la neve avesse il compito effettivo di attutire, ovattare.
Si camminava, guardando le punte delle scarpe, lui spiegazzato su se stesso per pareggiarsi alla mia altezza.
Tenevo la bocca dietro la sciarpa, stringendo verso l’interno le labbra, e la strusciavo contro di essa per non sentire il suo solletico.

Le ultime chiacchiere che avevamo fatto erano state disperse all’altezza del cancello d’entrata, poi non c’era stato nulla da dire.
Avevamo solo continuato a camminare.
Il parco è quello ducale, e c’è poi il lago con delle striature ghiacciate; la neve vi si appoggia sopra cullata fino allo scioglimento.
Non dicemmo niente, pur guardando nella stessa direzione.
L’uomo del cuore e io, viaggiamo spesso a piedi, ci sembra di ritardare qualcosa. Se poi non si guarda null’altro che i proprio piedi è come passare da un giorno all’altro, però al contrario.
Nella sua testa fatta di post-it si può sentire il fruscio di una pagina di calendario che si strappa o che si riattacca, in questi momenti i suoi silenzi rendono rumorosi i suoi pensieri.
I nostri passi stavano per colpire il muro di recinzione, così voltammo a sinistra distaccandoci da esso; la strada si mostrava a imbuto in quel chiarore grigiastro e freddo del mattino.
Qualche bici aveva lasciato delle scie, confuse l’una sull’altra finivano per non portare da nessuna parte.
Le panchine erano ai lati del camminamento, ci ricordavano le guardie ad un palazzo appostate tra le alte colonne in marmo bianco.
Freddo, faceva freddo, e il mio grattare lento contro la sciarpa mi stava irritando la pelle: l’uomo del cuore si tastò sulle labbra, leccandosele e mordendosi il fastidio.
Era la quiete a spaventarci tanto, seppur la preferissimo: non volevamo abituarci troppo a lei ma nemmeno rinunciarvi, era davvero tanto difficile a volte decidere di condividerla come un noi.
Lo guardai girando visibilmente il volto e sentendo le spalle leggermente ingobbite, era fin troppo facile imitare le sue movenze che cercavano in tutti i modi di rispettare le mie caratteristiche.
Invece che girarsi, lui, preferì alzarsi dritto in tutta la sua altezza ed inspirare tanta aria da gonfiarsi i polmoni; colmato il vuoto la lasciò sfuggire in un flebile fumo.
Era stato chiaro e poco espansivo, non aveva lasciato uscire le mani dalle tasche e non si era concesso di farmi un sorriso: il suo piccolo sfogo era stato solo l’angolo di un’emozione che nella parte di cuore rimastami, stavo stringendo.
Tornai a guardarmi le scarpe, convinta fosse l’unico modo per restringere l’eternità in una bozza sicura, ma in lui sentivo con certezza un altro post-it andarsene via.
Mi fermai sopra ad uno dei tanti incroci di ombre di biciclette, tenni i piedi uniti e anch’io mi lasciai riempire i polmoni d’aria fredda mostrando tutta la mia statura.
Dovetti resistere, ma alla fine la lascia fare: spalancai la bocca per cogliere più aria, per sentire che il naso si riposava dalle sferzate. Arrivata a sentire i polmoni l’uno abbracciato all’altro, lasciai sfuggire tutto rallentando all’ultimo istante.
Lui si era fermato di un passo avanti a me, ed ora se ne stava semi girato a guardarmi con quel sorriso triste. Sempre ricurvo, la spalla destra copriva quindi il mento non proprio ben rasato.
L’uomo del cuore si stropicciò una guancia e poi gli occhi, rallentando sul naso, sostando poi sul labbro inferiore: tirato e piegato sul mento, lasciò intravedere i denti inferiori, leggermente storti.
Ricambiai il sorriso, con la stessa angolazione, protesi la mano in una presa leggera che lui afferrò girandosi. Appena il contatto e poi il mio cuore si sentì completo nell’io.
Era bello dividerci solo per sentirci riuniti.
Continuai a camminare sul via vai di ombre e impronte, ma almeno una volta mi girai e notai che di lui non era rimasto nemmeno il sospiro.

2 commenti:

Sarei felice se lasciassi il segno ;)