martedì 24 luglio 2012

[Stralci da una cruna d'ago] Mimami

I miei post sono sempre più lontani l'uno dall'altro. Ora come ora lo studio c'è - non manca mai -, però non è certamente intenso come nel periodo di maggio e giugno, quindi il mio ragionamento è questo: pubblico meno post dal momento che ho da bilanciare un impegno minore?  Più studio, più post per distrarmi, meno studio, meno post per distrarmi?
Possibile, ma così non si può andare avanti! In agosto spero di avere un'idea fulminante per occupare le nostre giornate.
Comunque, oggi propongo il terzultimo racconto di questa raccolta, così poi ne mancano due per ciascuna.
Al termine li rileggerò tutti, li riguarderò con cura e pubblicherò entrambe su issuu, ora che ho l'account mi devo sbizzarrire!
Intanto, buona lettura.


Mimami


Era in quei rari casi di assoluta quiete e pace che Veronica si sentiva davvero muta.
Era come se in realtà, avesse fumato da tutta una vita, e le parole le si fossero condensate in quello strato innominato tra polmoni e pelle.
Aveva in quei momenti, la necessità fisica di impegnare la sua mente in discorsi, anche se futili.
Era come un rimorso, solo che non poteva veramente erigerlo come tale.
Come ogni essere umano, seppur non lo fosse, aveva dieci dita.
Presa da questa nebbia avvinghiata al petto, rimase raggomitolata sul letto scomponendo appena le coperte sottili.
L’appartamento era sempre stato vuoto, l’aveva riempito con così poche cose per sentirne ancora l’eco.
Era raro che s’alzasse dal letto, ma quando lo faceva spalancava bene le ali sgranchendo ogni singola piuma.
In quel periodo particolare della sua vita, le sentiva alleggerirsi di giorno in giorno: come angelo caduto aveva sempre fatto una gran pena perfino a Lucifero. Le piume si staccavano come le foglie d’autunno, sfiorando il pavimento in un tocco leggero.
Veronica camminava rigorosamente in punta di piedi, quei tacchi invisibili le facevano raggiungere il metro e sessanta.
Aveva provato più volte a dedicarsi alla musica, per creare rumore, un rumore che si condensasse sulle pareti o che si facesse sentire la mattina dopo, ma ogni strumento provato l’aveva stancata dopo essersi fatto accordare.
Così o li nascondeva nelle rispettive scatole oppure li faceva a brandelli: il violino era stato scompigliato più volte, le corse puntavano verso l’alto arricciate, mentre tutto attorno era stato decorato con leggere coltellate.
Ad avere una sorte migliore rispetto ai ridotti male, era stato il pianoforte.
Chiaramente la sua mole gli era stata di enorme aiuto e Veronica si era limitata a sganciare i tasti e a camminargli sopra di tanto di tanto.
Un giorno, mentre le rilette sul terrazzo le appassivano, mentre la pasta dentifricia continuava a non voler rientrare nel suo tubetto, mentre un’altra piuma cristallina cadeva a terra, le bussò alla porta il Mimo.
Un uomo silenzioso che era stato capace di dirle ti amo con la sottile movenza delle labbra.

sabato 14 luglio 2012

[Stralci da una cruna d'ago] Mangiami il cuore

È sabato sera, gli zii sono venuti a cena e riesco a stare sveglia solo perché tengo la luce accesa. Mi fanno questo effetto le cene di famiglia, mi spolpano: forse perché mia madre ha il solito vizio viziante di imbottirci con i suoi manicaretti. 
Non lo so, ma sta di fatto che io non andrò a letto leggera.
E a proposito vi propongo un raccontino dal titolo un po' cannibale come digestivo.

Mangiami il cuore

Erica era pallida e troppo magra, il tutto sottolineato da quei capelli neri che cadevano come grappoli d’uva.
A sentire tutti era impazzita senza un vero motivo, la sua era sempre stata una famiglia piuttosto normale…
Ma in tutto questo ragionamento non era minimamente stata valutata Miss Isabelle, una piccola bambina dai capelli biondi che vestiva alla Cappuccetto Rosso.
Era nata in un pomeriggio qualunque, mentre Erica attendeva con ansia l’arrivo di qualche amica.
Per non annoiarsi, ed essere sicura che quando le sue ospiti sarebbero arrivate lei sarebbe stata in grado di giocare alla perfezione, creò Isabelle.
Un immaginario come tanti, in fondo Erica aveva solo sei anni: come avrebbe potuto nuocerle?
Isabelle poi sembrava divertirsi veramente un mondo a tenere il CiccioBello tra le braccia mentre Erica doveva assolutamente correre in bagno, le piaceva anche prendere il tè dalla Signora Foca (che a sentire gli altri pupazzi era una pettegola esagerata) o andare a giocare alla gelataia: Erica faceva un gelato verde davvero buonissimo.
Le cose tra di loro sembravano quindi andare davvero a gonfie vele, specialmente quando venne annunciato che era arrivato il momento del nascondino: Erica aveva preso le Barbie, di cui Isabelle avrebbe dovuto fare la voce perché Erica era già impegnata a fare quella di tanti altri giocatori, qualche peluche e li aveva sparsi nei nascondigli migliori e poi ordinò a Isabelle di fare altrettanto.
L’immaginaria si guardò attorno: sotto il letto nessuno voleva farle spazio, dietro la casa delle bambole era impossibile…restava solo l’armadio.
Un bellissimo armadio bianco.
Ci si nascose dentro, si sedette comodamente chiudendo la porta e immaginò di essere alla guida della macchina su cui avevano fatto finta di salire prima per andare a mangiare il gelato.
Si mise una mano sulla bocca per coprire le risate, era assolutamente certa che avrebbe vinto, mentre Erica era finalmente arrivata a dieci.
Orsacchiotto e Margherita erano già stati trovati e per un attimo Isabelle temette di aver perso anche lei, ma una serie di voci nuove si fecero largo nella stanza accompagnate da tanti passi veloci.
Ridevano e scherzavano e Isabelle si spostò piano piano per sentire meglio: iniziò a ridacchiare anche lei sperando che Erica si accorgesse quanto avrebbe voluto divertirsi anche lei, ma lei era troppo occupata per rendersene conto.
Isabelle tirò un calcio potentissimo per uscire dall’armadio, ma il suo piede attraversò bellamente la porta sbalordendola.
Lo rimise dentro e iniziò a piangere copiosamente.
Tra le lacrime si guardò le gambe e le mani tutte puntate da spuntoni di luce intensa, in cuor suo lo sapeva: stava scomparendo.
Iniziò a scalpitare furiosamente fregandosene del casino che stava provocando, ma dall’altra parte continuavano a ridere e scherzare. Urlò graffiandosi le corde vocali e improvvisamente smise di bruciare: era tornato buio dentro all’armadio.
Riprese fiato pettinandosi delicatamente i capelli e poi uscì, notando che anche nella cameretta si era fatto buio: era notte e la bambina dai capelli corvini dormiva beata. Troppo per i suoi gusti.
La guardò sprezzante avventandosi sui giocattoli: staccò la testa a tutte le Barbie coi capelli scuri e squarciò il sederone della Signora Foca per passare agli occhi di tutti gli orsacchiotti. 

mercoledì 11 luglio 2012

Mi ricordano le rondini che disegnavo da bambina, una semplice V nel cielo.

Le pseudo vacanze sono iniziate ieri, giorno che mi è servito per riprendermi dal mese e mezzo di studio intensificato. Quindi sono qui oggi per spargere tutto il mio entusiasmo riguardo le serate di venerdì 6 e sabato 7, tenutesi allo Spazio Gerra.

È stato spettacolare vedere così tanti artisti impegnati in una maratona di 24h, artisti che hanno collaborato per creare un evento ricco e nuovo. 
Pitture, foto, cortometraggi, racconti, poesie, musica e danza hanno riempito il locale dando a Reggio Emilia un'atmosfera proprio piena.
Un ragazzo - Manuel - ha continuato a disegnare gli animali più disparati e persone in più di una posa, per tutto il tempo: una full immersion nella sua creatività che la si vedeva scorrere anche dal giardino, visto che lo Spazio Gerra è formato per la maggior parte da vetrate. 
Ma la mia più grande felicità è stato farvi parte.
Ho scritto la storia per le immagini di Monica - link alle foto delle serate -, o almeno la mia versione della storia, e sono contenta dell'immensa sintonia creatasi tra noi.
Monica - link ai preparativi - ha poi creato alcuni segnalibri unendo i suoi disegni alle mie frasi - e per un attimo ho dubitato fossero le mie, visto quanto era bello il risultato.

Come potete notare questo post è tutto un vanto, ma a mia discolpa dico che è puro e semplice entusiasmo.
Siamo perfino andate in onda su Radio K-Rock e lasciare le cuffie è stata una mezza tragedia per l'ormai grasso egocentrismo spuntatoci!
*Prossimi obbiettivi: avere un canale radio* 
*Inspira, espira*

Bene.
Ora che avete visto le sue creazioni, mi sembra opportuno presentarvi la mia. 

lunedì 9 luglio 2012

[I Riti dello Scrittore] Il diario

Ho sparato articoletti con tranquillità, un lunedì dopo l'altro, e non mi sono accorta di essere rimasta a corto di proiettili.
C'è la possibilità che mi prenda qualche lunedì di pausa - già successo - o che lunedì prossimo vi stupisca con un'uscita a effetto, questo proprio non lo so.
Questo caldo mi fa dubitare perfino del mio nome, e io ne ho tanti tra cui scegliere. Non beccarne almeno uno sarebbe abbastanza grave, no?
Comunque.
Vi lascio in compagnia di questo colpo basso: una sottile idea un po' stronza mi ha solleticato la mente.

lunedì 2 luglio 2012

[I Riti dello Scrittore] Personaggi

Era un po' che non mi presentavo puntuale, così ho ben deciso di programmare l'uscita. E mentre voi leggerete questo pezzo io avrò già sostenuto l'esame e sarò in un coma puro e senza pretese. 
Oggi, tutti inizia con un gratta e vinci perdi, in realtà che abbiamo giocato io e Giulia per puro sfizio un po' di tempo addietro.
Ovviamente, naturalmente, chiaramente non abbiamo vinto una cippa, anzi! Siamo più povere di 1.50 € ciascuna.
Ma esattamente, che cosa mi ha fatto scavare tra i miei pensieri per giungere tra queste pagine? Il simbolo del piccone.
Un maledetto piccone che non se la sentiva proprio di farci vincere nemmeno i 3 € di spesa del biglietto, in modo che MAGARI potessimo comprarne un altro.
No, niente.
Ma a parte questo, il gratta e vinci perdi, coff non c'entra proprio niente.

domenica 1 luglio 2012

[Stralci da una cruna d'ago] La porta

Siamo giunti anche a questo fine settimana, e io non sto aggiornando come all'inizio dell'avventura. Chi si sente sollevato da tutto questo non si preoccupi: gli esami stressano me e salvano voi, perché lo so che se pubblicassi ogni giorno voi non uscireste più di casa per potermi seguire! Ma pubblicando un po' a casaccio, vi lascio la possibilità di farvi una vita *Prisca se la racconta*.
Riassumendo: è domenica, domani esame, oggi raccontino. Sempre la stessa raccolta, perché ben più lunga dell'altra, quindi sto smaltendo i vari testi fino a che non ne rimarranno due come in "Frammenti da un Luna-Park". 
Poi... Eh, poi nuovo progetto *mumble mumble, quale?*
Comunque. Questo racconto è nato in seguito alla lettura di alcune novelle pirandelliane. Il mio istinto camaleontico ha probabilmente tentato di imitarne alcuni tratti, ma non certo nel tema: la raccolta è pur sempre ispirata al surreale.
Voi che ne pensate? Ci rivedete qualcosa di Pirandello? Anche solo una versione altamente patinata?


LA PORTA.


La porta d’ingresso era molto più piccola di qualunque altra cosa avrei in seguito trovato all’interno.
Per raggiungerla c’erano tre gradini, che riportavano le tipiche fosse della vecchiaia e qualche macchia di vissuto. I miei piedi li percorsero incastrandosi alla perfezione, come se anche loro avessero contribuito negli anni.
Suonai al campanello sentendomi le spalle scoperte: era una casa recintata, ma senza cancello, e la buca delle lettere era incassata nella porta. Era una casa che sin da subito si rendeva espansiva: fosse stata una persona l’avremmo definita “da abbraccio”.