domenica 5 agosto 2012

[Stralci da una cruna d'ago] Pronto..?


PRONTO..?

- Pronto?
- Ciao, sei tu?
- Sì, bof. Odio questa routine. - sorriso tirato.
Alzata di spalle. – Un giorno non te ne ricorderai nemmeno.
- Mica solo io.
- Vabbé, si parlava di te. - scacciata di pensiero con smorfia.
- Che storia hai
- Devo ancora sceglierla, spero di non trovare Quella.
Sussulto trattenuto. – Potevi aspettare a chiamarmi, allora.
- No, volevo chiederti se già sapevi.
- Come posso già sapere? Si segue un ordine preciso in questa cruna.
- Immagino anche nelle altre. - pensiero ad alta voce.
- Appunto… quindi? Che devi dirmi? Oltre alla storia ovvio.
- È successo un casino. C’è stata una sovrapposizione di storie, un narrato è morto per questo.
- Chi? Ho paura per quella ragazza.
- Nina? No no, tranquilla… Non è lei, anche se si tratta del bambino. Quello piccolo.
Piccolo era diventato il termine di riconoscimento.
- Che gli è successo?
- È morto.
- Sì ma… Hai capito.
- Ha ucciso il pesce di tre mesi fa.
- Come?
- Non so così tanto, però lo ha come risucchiato… No scusa, il pesce ha risucchiato lui. Un tumore grande ecco. Non ha retto.
- Ora la storia ti prego, di che si tratta?
- Mmh… Di un mal di testa.

La costellazione era nata da uno sparo, ogni santissimo chicco di polvere se ne era andato a cospargersi in un punto lontano.
Non si sapeva chi aveva premuto il grilletto, ma del fumo che era uscito, solo una parte continuava ad aleggiare indisturbata.
L’altra era caduta svenevole come un drappo.
Il rumore di schiocco aveva risuonato in un’emicrania ridondante.

- Ma che storia è? Oh no aspetta… non mi dire…
- Ma devo, me lo hai chiesto!
- No, non farlo. Odio tutto questo lo sai. E tu tutte le volte scegli di torturarmi.
- Sempre tu e tu… sono io a narrare.
- Ma che senso ha tutto questo? Eh? Ti prego cambia storia.
- Ora? Ma sei matta?
- Non ora stupida, era per intendere la prossima volta.
- Non sono stupida. Ti sbatterei il telefono in faccia se non avesse conseguenze…
- Tutto ha una conseguenza.
- Gravi, volevo dire conseguenze gravi.
- Vabbé, racconti? Qui mi è venuta la pelle d’oca, è meglio se racconti con decisione se vuoi che arrivi tutto.
Rotazione degli occhi, pausa di respiri, accartocciamento di occhi naso e dita.
- C’è un’altra cosa che ho sentito.
- Spara, giusto per rimanere in tema! - sarcasmo.
- Sì bé… Il pesce è comparso negli occhi del bambino.
Sgranamento d’occhi. – Finiscila con queste burle, raccontami la tua storia. Leggi bene e fa in modo che da quelle stelle ne esca un Dio.
- Come hai detto? Un Dio?
- Nulla da dire sulle burle?
- No.
- Bene. Finisci allora.
- Non posso.
- Perché?!
- Il Barracuda gli ha stretto la mano.
Sospiro di rassegnazione. – Quindi ora mi racconterai qualcosa sul Barracuda...
- A quanto pare…
- A quanto pare ti va sempre come vuoi tu!
- Perché sei sempre così acida?
- Perché… Ma che ne so! Noi non sappiamo i perché, sappiamo cose. E ora muoviti che non voglio rallentare la catena.

…essere il Barracuda de “Il Trio: C’erano una volta un cane, un gatto… e il barracuda” non è una storia facile: nulla a che vedere, appunto, con il Gatto e il Cane.
Innanzitutto suonano meglio, mentre ne “Il Barracuda” c’è uno sfondo di latino poco rassicurante.
Non so dire se è tra le “rr” o se è il “cuda” a fare di lui un suono difficile.
Non erano amici e mai lo sarebbero stati.
Ciò che li univa era solo una misera catena di coincidenze.
C’è poi la particolarità della stretta di mano; una confusione tra le linee del futuro dell’uno e dell’altro che rende rari i futuri già scritti.
È tutto molto semplice.
Il Barracuda stringe la mano e le sue linee a scarsa incisione si intrecciano, annodano, azzuffano, con quelle che incontrano, compromettendone il futuro.
Ti va bene se era un futuro labile, ma se invece non lo era… Bé vieni intaccato: è come perdere conoscenza, di se stessi in primo luogo, in secondo di ciò che si sarebbe stati.
Il Barracuda non ha rimedio, nemmeno i guanti aiutano, e mentre c’è chi soffre di incasinamento poco può risolvere il suo starci male.
Il Cane e il Gatto, invece, non hanno di questi problemi. Lo sanno tutti che a loro basta un soffio e un cenno per rimettere le cose a posto; e seppur non si tratti di voi vi sentirete grati di questo soffio insoddisfacente.
Ed è in questo che consiste la vita del Barracuda: toccarti e cambiarti la vita.
Perché se in effetti, c’è un ruolo in grado di occupare una cruna d’ago, quello è il Barracuda, per questo…

- Perché ti sei fermata? Non può essere tutto qui…
- Non mi sento bene.
- Che vuol dire? Ehi? Che vuol dire?! Pronto?
- Le parole mi bruciano.
- Hai la voce troppo bassa! Pronto?!
- La storia… Non si cancella…
- Parla più forte! Guai a te se metti giù! Pronto?! - si alza in piedi e strilla nella cornetta.
- Io… Bruciano sai? Si ripetono.
- Perché a me! Pronto?!
- Egoista come tuo solito… Pronto…
- Pronto..? - stanca si lascia cadere sulla sedia in legno e paglia.

Due, tre, singhiozzi agli occhi.

[Frammenti da un Luna-Park] Respiro profondo

Con oggi concludiamo due raccolte, e mi preparo al duro lavoro della sistemazione.

Buona lettura e domenica a voi!


Respiro Profondo


Era stata un’attrice un tempo…
Un tempo…
Lontano…
Ora rinchiusa in gabbia…

venerdì 3 agosto 2012

giovedì 2 agosto 2012

[Stralci da una cruna d'ago] Il Cappello

La fine, come l'inizio, vede le raccolte muoversi in parallelo.
A un passo dal termine, sono pronta per elaborare due copertine decenti e a buttarmi in una furiosa correzione e revisione dei racconti pubblicati per creare un e-book come si deve.



Il Cappello

Il piede affondò nella neve facendola sembrare croccante, quel suono ovattato da cracker la invogliava ad imprimere un’altra impronta.

Sapeva che ogni singolo fiocco di neve caduto era stato diverso cadendo, ma che ora, mentre lei li schiacciava, erano uniti in un’unica coltre bianca.
E per quanta bravura aveva dimostrato nel capire quanto fosse importante per un fiocco di neve cadere, e sentirsi parte di qualcosa di più grande, era anche una di quelle persone che non aveva mai concepito i cappelli: cosa serviva proteggersi la testa fino a quel punto? E magari solo per vanteria?
Perché una cosa certo non l’aveva mai intuita, e forse nemmeno tutti quelli che indossano un cappello ci sono realmente arrivati: il cappello è la cappa di condensa.
Un mucchio di sogni si intrappolano e aleggiano entro le sue mura; una volta tolto, il cappello prova a trattenerli il più possibile, ma spesso lo si ignora per troppo tempo e i sogni svaniscono.
Li si dimentica, li si libera nel mondo lasciandoli in balia dello smog e dei passi altrui.
Un sogno abbandonato è un sogno che lento affoga nei suoi singhiozzi di solitudine.
Indossare un cappello è una delle prime soluzioni, l’altra è lavorarci su con ogni mezzo possibile.
Una treccia di capelli è l’ancora di quei sogni sballottati dal vento, vi si appigliano urlanti nella speranza di salvarsi, senza sapere da cosa, senza sapere se c’è di peggio, i sogni sanno già di loro che voglio un cappello. Uno saldo, uno che li voglia. Caldo che li faccia dormire, appisolare tra i tuoi nodi (non c’è balsamo migliore).
Il cappello è ciò che c’è di meglio al mondo.
È la prima cosa che un fiocco di neve vede quando precipita.
La prima cosa contro cui vale la pena sciogliersi, perché quando un fiocco di neve ti ha trovato sappi che ha trovato anche i tuoi sogni.

[Frammenti da un Luna-Park] Nonostante tutto

Vi risparmio la fola riguardo quanto sono impegnata e passo subito al dunque: la raccolta "Frammenti da un Luna-Park" torna sui vostri schermi!
Siete entusiasti, lo so, quindi procediamo... 

NONOSTANTE TUTTO.

Ci abbracceremo con le dita, e ci soffieremo tra i capelli parole d’amore solo per poterci tradire mentre sgranocchiamo i cereali a colazione.

Non siamo la coppia Mulino Bianco o “cereali croccanti per vivere in armonia”, non lo saremo mai.
Ci abbracciamo nel letto, al buio, solo per ricordarci che non siamo soli e al mattino è come fossimo in due mondi diversi.
Sentiamo gli aliti cattivi, l’uno dell’altro, e non ha senso.
Mangiamo mentine per pulirci il palato dai baci e usiamo il dentifricio per proteggerci dai se:
“No, scusa, mi sono appena lavato i denti”.
Ci salutiamo con il Buon Giorno sapendo che non lo sarà, rideremmo se non fosse che è tutto troppo triste.
Nonostante tutto rinnoveremmo la promessa, perché l’unica cosa che ci manca è l’amante nell’armadio.