Dopo giorni di sparizione, o forse settimane, non ricordo, mi rifaccio viva. La tesi è stata scritta, mancano le ultime correzioni e poi via, si chiude una porta e si apre un portone.
In questi giorni di attesa - domani andrò a ritirare le pagine dell'ultimo capitolo sanguinanti d'errori - sono andata al cinema, presso una struttura commerciale. Dopo cena si è girato per negozi e la prima tappa è stata la libreria.
Sbirciavo titoli e copertine, leggevo quarte di copertina, voltavo pagine e mi dispiaceva non comprare nulla. Anche se io dico sempre "un libro non si compra, si adotta".
Vale anche per i Trudy, eh.
Comunque, non era mia intenzione comprare niente: ho un mucchio di libri in casa ancora non letti, ed è un paio d'anni che mi riprometto sempre di finire prima di comprare.
Ma appena ho visto il nuovo libro di Cecelia Ahern non ho saputo resistere: ho iniziato a leggerla partendo da "Scrivimi ancora", e la cosa mi pare talmente lontana nel tempo che penso sempre si tratti di un film che ho visto.
Questo perché non mi ricordo di me che leggo, ma solo delle immagini che si sono formate nella mia testa, immagini che l'autrice mi ha trasmesso. A volte cerco di ricordarmi gli attori, ma i miei personaggi non hanno un effettivo volto, quindi niente.
In ogni caso, avevo lasciato Cecelia Ahern con la pubblicazione de "Il libro del domani", un titolo promettente, se volete, ma con una trama non solo banale, addirittura mal scritta.
Già il penultimo lavoro, "Il dono", mi era risultato ovvio, ma almeno si trattava di una narrazione leggera e semplice, una di quelle adatte alla spiaggia: rilassanti, senza troppi sconvolgimenti.
La sua scrittura stava scivolando e mi pareva quasi non fossero opere di sua mano: come poteva scrivere cose di quel tipo, con la fantasia ridotta al minimo, l'entusiasmo quasi assente, dopo aver creato libri quali "Se tu mi vedessi ora"?
Scrivere un libro all'anno non è cosa facile, ma più di tutto è complicato rinunciarvi: hai delle richieste da soddisfare, vuoi rimanere sulla cresta dell'onda, e sicuramente dà un senso di "appuntamento fisso" immancabile.
Nonostante questo, mi sono sentita di rischiare: ho comprato il libro e fino a che non sono andata al cinema ho continuato a pensare "ti prego, non deludermi" o "per favore, non fare schifo".