lunedì 28 aprile 2014

Cannibalismo con contorno vegetariano

Nel 1996 venne pubblicata un'antologia intitolata "Gioventù cannibale", curata da Daniele Brolli e pubblicata da Einaudi. A questa antologia si deve il nome dato a quel gruppo di scrittori, tra i quali Tiziano Scarpa Isabella Santacroce e Niccolò Ammaniti, accomunati dal crudo realismo presente nelle loro storie, e per questo catalogate sotto il genere pulp. 
Tra gli scrittori nominati l'unico che non mi dà troppo l'idea del pulp è Ammaniti, ma questo è accaduto perché nel 1994 era uscito sul grande schermo "Pulp fiction" di Quentin Tarantino, tratto dal romanzo omonimo di C. Bukowski (personalmente vi chiedo di lasciar perdere Tarantino e di leggere il romanzo).
Ma tornando alla faccenda dei cannibali, a quanto pare gli anni 70 pullulavano di pellicole su tale argomento e quest'anno uscirà un film in omaggio alla cinematografia dei cannibali: "The Green Inferno", di Eli Roth (l'anteprima mondiale c'è stata il 7 settembre 2013).
Questo film vanta la presenza di indigeni peruviani, una tribù che non si sarebbe mai fatta filmare e che invece ha partecipato alle riprese di Roth nel ruolo di una tribù cannibale.
La trama del film presenta dei giovani americani ambientalisti che spera di poter salvare la foresta amazzonica e di conseguenza una tribù locale che rischia l'estinzione.
Vengono poi catturati - non so se dalla tribù medesima o da un'altra  - e qui inizia la parte cannibal-splatter.
Alcuni tra i commentatori dicono di sentirsi indignati da questo, perché mentre gli americani bianchi fanno la figura degli ambientalisti "amiamoilnostropianetaevogliochetuttivivanofelici", gli indigeni sconosciuti ai più devono interpretare la faccia brutta della medaglia. 
Insomma, tu che vuoi salvare questa parte del mondo sappi che ci vive gente cattiva. 
Altri ci vedono unicamente un film, dove la tribù recita la sua parte come un qualunque attore.
Ora, da una parte ritengo che certi ragionamenti siano fattibili solo per chi prende sul serio uno splatter. Ammetto che per quel che mi riguarda è un genere inutile, che non regala nessuna emozione e che se devo vedere del sangue vado al centro donatori, ma quello che più mi stupisce è come sia stato possibile convincere una tribù non cannibale a interpretarne una. Roth, probabilmente per farli entrare nel ruolo, avrebbe mostrato loro "Cannibal Holocaust" di R. Donato, dopo il quale mi aspettavo avrebbero avuto una reazione di disgusto, paura, avversione... E invece no.
Comunque, la domanda è: il Perù e le sue tribù indigene ci guadagnano una pubblicità negativa?
A mio parere dipende da come si guarda il film, se lo si guarda.
Trattandosi di uno splatter la trama risulta già vista: ci si ritrova in una sorta di Eden e poi ecco che ti massacrano.
Ma la questione sarebbe sorta ugualmente anche nel caso in cui Roth avesse usato attori ben truccati, perché dello "sfruttamento" di questa tribù ho letto si e no due commenti, perché lo straniero per di più indigeno viene messo in cattiva luce.
Si tratta però di un cane che si morde la coda, perché la distanza dall'altro la si sente anche senza "The Green Inferno" e da sempre si è cercato di eliminare il "selvatico" dalle popolazioni indigene: cannibali o meno ci sarà sempre qualcuno che non li troverà adatti ad abitare il pianeta.




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