sabato 15 ottobre 2016

[Ci penso io] La narrativa che fa sognare


In molti abbiamo passato la fase fantasy, in molti la viviamo tutt'oggi. 
Ma c'è chi non desidera nemmeno avvicinarvisi, forse perché ritenuto un genere da nerd, legato al mondo dei giochi di ruolo e all'oggettistica da collezione a volte molto costosa. Può essere confuso, mischiato e paragonato al genere fantascientifico, anche questo nemico giurato per chiunque voglia una ragazza a sentire le serie tv e i film americani, ma sappiamo bene che gli stereotipi non funzionano sempre e comunque. 

Il fantasy ha richiami antichi, quali il mito le leggende o le fiabe, e grazie al termine di origine anglosassone con cui viene definito possiamo dividerlo dal genere fantastico.
Cosa definisce, quindi, un genere di stampo moderno come il fantasy? E cosa lo differenzia dal fantastico?

Il folklore


Un primo elemento è quello del folklore: nelle opere fantastiche si usano i miti familiari, vicini alle tradizioni, mentre in quelle fantasy in genere si tende a creare ex novo il mondo in cui viene ambienta la trama, con allusioni e riferimenti alle leggende, ma rivisitate e modificate a piacere.
Per esempio, quando nacque la letteratura cavalleresca in Italia non si credeva interamente alle storie narrate e raggruppate sotto tale filone, ma si trattava comunque di opere non del tutto private della credibilità. Con il Rinascimento si iniziò a produrre una letteratura cavalleresca più fantasiosa, come l’Orlando Furioso (1° edizione 1516) di Ludovico Ariosto (1474-1533), che già rendeva più difficile credere a ogni aspetto presentato dalla trama. Se il passaggio dal genere fantastico al genere fantasy comportò una diminuzione della credenza da parte dei lettori in ciò che veniva raccontato loro, con il genere fantascientifico si potrebbe dire che accadde il contrario: spesso spaventa il realismo con cui vengono presentate certe macchine o prospettati certi futuri, è per questo che tale genere è diventato il mezzo di comunicazione ideale per mostrare tutte le paure e i timori causati dalla Seconda guerra mondiale e dall'avanzamento tecnologico che vediamo ogni giorno.

Il linguaggio

Un aspetto da non sottovalutare è il linguaggio con cui si fa parlare un personaggio, come anche quello usato dal narratore.
Un tempo i racconti fantastici non presentavano la comune prosa, perché spesso erano in versi. Quando si iniziò a produrre opere in forma di romanzo, il linguaggio aulico venne piano piano sostituito da una narrazione più fluida, anche se le lunghe descrizioni non possono mancare: un caso eclatante è sicuramente Il Signore degli anelli di Tolkien, dove anche una foglia diventa protagonista.
Ma quando si parla di personaggi, molto spesso si leggono dialoghi che risultano strani all'orecchio o comunque lontani dal linguaggio quotidiano. Questo perché si cerca di portare il lettore in un tempo differente, visto che il fantasy abita nel medioevo, al tempo dei cavalieri e delle principesse da portare in salvo. 

L'ambientazione

Qui abbiamo un esemplare femminile abbastanza vestito.
Anche qui una fantasia che si contrappone alla reale condizione
femminile medievale: le figure di combattenti erano rare,
i vestiti coprivano ed erano provvisti di multipli strati.
Ed ecco il punto su cui si fonda la differenza tra fantasy e opere fantastiche: queste ultime sono ambientate nel mondo che noi abitiamo, mentre il fantasy prevede un mondo separato dal nostro.
Se pensiamo a Nessun dove di Neil Gaiman, al famosissimo Harry Potter di J. K. Rowling o alla Guerra degli elfi di Herbie Brennan, tutti i protagonisti, per quanto vivano nell'Inghilterra del XXI secolo, si ritrovano catapultati in un mondo parallelo, alternativo, dove le cose funzionano diversamente e spesso è come fare un salto nel tempo: Gaiman e Rowling ci riportano indietro, mentre Brennan mescola il mondo medievale a una tecnologia all'avanguardia che noi umani chiamiamo magia.
È un aspetto interessante, perché si è arrivati a trasformare un periodo buio, sanguinoso, difficile, in cui nessuno di noi vorrebbe realmente stare, in un mondo quasi ideale e magico. Draghi, fate, orchi, streghe, incantesimi, Re giusti e Re malvagi, tiranni, guerre, spade e pozioni... Peraltro o meravigliosi o orrendi d'aspetto, una questione spinosa che ho difficoltà a capire. 
In ogni caso, sono tutti ingredienti che attirano verso un mondo principalmente tetro dove l'avventura inizia spesso da una profezia, da un campione che li porterà alla salvezza, al mondo della luce.
Perfino nella Storia infinita di Michael Ende o in Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Caroll i protagonisti sono persone comuni, persone che nella realtà in cui vivono sono fuori posto, poco apprezzati, poco conosciuti. 
Nella loro pochezza trovano la loro moltezza (ve lo ricordate il Cappellaio nel film di Burtun?). È forse questo il segreto di tanto fascino suscitato sulle generazioni più giovani: vedere che ce la si può cavare, che da qualche parte avremo un'armatura, dei poteri, degli amici che ci proteggono le spalle.


E poi cavalcare un drago che sputa fuoco deve proprio essere una figata.





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